articolo Tempo libero Girovagando
Dai silenzi verticali, una storia di arrampicata freccegiovedì 26 settembre 2013

Certo non è una passeggiata, ma di sicuro anche arrampicare può diventare una passione. Arrampicare – in falesia - è un altro tipo di strada, un percorso fisico e psicologico, una sfida con se stessi, ci vogliono un po’ di intraprendenza, conoscenze di base sulle tecniche per la messa in sicurezza propria e del compagno, tempo a disposizione. Poi si tratta di trovare soluzioni. Quelle per arrivare in cima. In fondo, la vita ci chiede proprio questo. Allora … vi racconto. Arrampicava da poco. Aveva fatto un corso e cercava di sperimentarsi.

Si trattava di esplorare un nuovo gesto, non atletico, non competitivo, ma di conoscenza di sé a contatto con la materia primitiva, che chiede di essere rispettata, affrontata senza presunzione. La roccia sorprende e spaventa, la salita è il risultato di scelte personali – tentativi incerti, ma anche necessariamente definitivi, per poter procedere – oltre che di competenza tecnica. E’ una calzante metafora della vita, decidere che strada prendere, sapendo che non sempre si può tornare indietro, che il rischio è parte integrante, emozione vitale e brivido e pazzia.

Che anche se legati ad altri si è soli dentro le risposte che ai propri bisogni si danno e si deve trovare una soluzione – testa e cuore impegnati - per non rimanere immobili. Solo la roccia se lo può permettere, lì prima e dopo, segno dell’eterno che si sfiora con umile intenzione. Il motivo era dunque questo, movimento leggero, affidato, a portare oltre la terra. L’occasione si era presentata una giornata di settembre, una via a più tiri. Si parte: ci vogliono concentrazione e attenzione, nulla lasciato al caso, le manovre da seguire con precisione. Le soste sono uno spazio minimo, dove assicurarsi, prendere fiato, smettere di tremare e guardare il panorama, quello di un’altra vita.

Il cielo è nuvoloso, sempre più grigio, impossibile nascondere la preoccupazione. Ma si è lì, non esiste un altrove, bisogna prepararsi all’imprevisto, ormai più che prevedibile. La pioggia non concede spazio a nessuna gradualità, diluvia alla grande, pochi istanti e si è completamente bagnati, solo il caschetto a proteggere la testa, poi ovunque piccoli torrenti d’acqua ad attraversarli, un’invasione in piena regola. Ci si osserva come da fuori, come spettatori di una rappresentazione cui non si vorrebbe proprio prendere parte . . . Mani scivolose sulla corda, roccia su cui ora le scarpette non hanno la consueta rassicurante aderenza . . . lacrime di pioggia – solo di pioggia? – a confondere lo sguardo.

Cosa fare? Manca ancora tanto, diversi tiri piuttosto lunghi, da fare in fretta, senza indugi . . . Attimo di rabbia, poi non c’è tempo per pensare, tutta l’energia sconosciuta interviene salvifica: non c’è alternativa, né tempo per discutere, questa è la lezione da conoscere ed accettare, bisogna andare avanti a qualsiasi condizione. Si sale letteralmente di corsa, superando ostacoli di cui neppure ci si rende conto, mentre ormai l’acqua è la propria stessa pelle. Pensieri svuotati, eppure in un barlume di ridicola consapevolezza sale da quell’anima che semmbra di tenere fra le mani, un sorriso meravigliosamente bagnato di vita.

Quando pure in una sorta di rassegnato automatismo modello Sisifo senza masso – soprattutto senza masso che ricade . . . – tutto sembrava ricondursi ad una faticosa salita verso un’inarrivabile cima, la cima arriva davvero. E smette di piovere. Ci si riposa esausti, in mezzo al fango, ma niente importa, prima tutt’uno con la roccia e l’acqua, ora con la terra, come unici privilegiati abitanti. Prima silenzio, carico, indimenticabile, poi parole, per riprendersi, dare certezza, mentre il sole – neanche a dirlo - puntuale all’appuntamento già comincia ad asciugare i vestiti leggeri e a scaldare la pelle.
©  RIPRODUZIONE RISERVATA

Valeria  Capuano - vedi tutti gli articoli di Valeria  Capuano



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Ramonda

Ramonda, genere di 4 specie di piante sempreverdi, rustiche, con foglie ornamentali, formanti rosette e fiori appiattiti. Sono piante particolarmente adatte per le zone fresche del giardino roccioso.
Si piantano in marzo ........

Thunbergia

Thunbergia, genere di 200 specie di piante rampicanti,erbacee e suffruticose, annuali e perenni, ma che comprende anche piante erbacee a portamento eretto. Le specie rampicanti descritte si coltivano in serra o all'aperto, ........

Brasiliopuntia

Brasiliopuntia, genere di circa 10 specie di piante succulente, originarie dell'America meridionale, affine al genere Opuntia. La specie descritta può essere coltivata all'aperto nelle zone più calde dell'Italia meridionale ........

Fragola (Fragaria)

Fragola (Fragaria), pianta orticola molto diffusa,  della famiglia delle Rosaceae, coltivata in molte zone per ottenere i frutti. In realtà, quelli comunemente ritenuti i frutti delle fragole sono falsi frutti, nei ........

Sanguinaria

Sanguinaria, genere comprendente una sola specie erbacea, perenne, rustica appartenente alla famiglia delle Papaveraceae, adatta per il giardino roccioso e per il primo piano delle bordure. Il genere deriva dalla linfa rossa ........

 

 

Ricetta del giorno
Asparagi alla milanese
Raschiare i gambi degli asparagi della pellicola esterna, pareggiare le estremità, in modo che risultino tutti della stessa lunghezza, lavarli, legarli ....
sono presenti 550 piante
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Leycesteria

Leycesteria, genere di 6 specie di arbusti fioriferi rustici, a foglie decidue. Le due specie descritte hanno portamento eretto, con fusti simili ai Bambù, e producono fiori tubolosi, riuniti in racemi penduli.
Questi ........

Aethionema
Aethionema: genere di 70 specie di piante perenni, rustiche, originarie delle regioni mediterranee. Le specie descritte sono suffruticose e nane; alcune hanno portamento espanso e formano densi tappeti di foglie. ........

Lampone (Rubus Idaeus)

Lampone (Rubus Idaeus), pianta che cresce spontanea in tutta Europa, Italia compresa, e viene coltivata per i frutti, che sono utilizzati freschi o per la preparazione di succhi e marmellate. Può avere anche un impiego farmacologico, ........

Kaki, Cachi, Diospyros kaki

Kaki, Caco, Diospyros kaki, albero da frutto originario della Cina e del Giappone, appartenente alla famiglia delle Ebenacee, alto 5-10 m, caratterizzato da una chioma espansa, tondeggiante, larga circa 5 m. Il tronco, eretto, ........

Porro – Allium porrum

Porro, Allium porrum, pianta erbacea biennale, appartenente alla famiglia delle Gigliacee, ma coltivata come annuale, dal momento che se ne utilizzano la base del fusto e il bulbo che s’ingrossano alla fine del primo anno ........

Ricetta del giorno
Broccoli marinati
Immergere i broccoli in acqua salata in modo che possano assorbire bene l’acqua e quindi asciugarli bene.
Schiacciare 4 spicchi d'aglio con lo schiaccia ....


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Certo non è una passeggiata, ma di sicuro anche arrampicare può diventare una passione. Arrampicare – in falesia - è un altro tipo di strada, un percorso fisico e psicologico, una sfida con se stessi, ci vogliono un po’ di intraprendenza, conoscenze di base sulle tecniche per la messa in sicurezza propria e del compagno, tempo a disposizione. Poi si tratta di trovare soluzioni. Quelle per arrivare in cima. In fondo, la vita ci chiede proprio questo. Allora … vi racconto. Arrampicava da poco. Aveva fatto un corso e cercava di sperimentarsi.

Si trattava di esplorare un nuovo gesto, non atletico, non competitivo, ma di conoscenza di sé a contatto con la materia primitiva, che chiede di essere rispettata, affrontata senza presunzione. La roccia sorprende e spaventa, la salita è il risultato di scelte personali – tentativi incerti, ma anche necessariamente definitivi, per poter procedere – oltre che di competenza tecnica. E’ una calzante metafora della vita, decidere che strada prendere, sapendo che non sempre si può tornare indietro, che il rischio è parte integrante, emozione vitale e brivido e pazzia.

Che anche se legati ad altri si è soli dentro le risposte che ai propri bisogni si danno e si deve trovare una soluzione – testa e cuore impegnati - per non rimanere immobili. Solo la roccia se lo può permettere, lì prima e dopo, segno dell’eterno che si sfiora con umile intenzione. Il motivo era dunque questo, movimento leggero, affidato, a portare oltre la terra. L’occasione si era presentata una giornata di settembre, una via a più tiri. Si parte: ci vogliono concentrazione e attenzione, nulla lasciato al caso, le manovre da seguire con precisione. Le soste sono uno spazio minimo, dove assicurarsi, prendere fiato, smettere di tremare e guardare il panorama, quello di un’altra vita.

Il cielo è nuvoloso, sempre più grigio, impossibile nascondere la preoccupazione. Ma si è lì, non esiste un altrove, bisogna prepararsi all’imprevisto, ormai più che prevedibile. La pioggia non concede spazio a nessuna gradualità, diluvia alla grande, pochi istanti e si è completamente bagnati, solo il caschetto a proteggere la testa, poi ovunque piccoli torrenti d’acqua ad attraversarli, un’invasione in piena regola. Ci si osserva come da fuori, come spettatori di una rappresentazione cui non si vorrebbe proprio prendere parte . . . Mani scivolose sulla corda, roccia su cui ora le scarpette non hanno la consueta rassicurante aderenza . . . lacrime di pioggia – solo di pioggia? – a confondere lo sguardo.

Cosa fare? Manca ancora tanto, diversi tiri piuttosto lunghi, da fare in fretta, senza indugi . . . Attimo di rabbia, poi non c’è tempo per pensare, tutta l’energia sconosciuta interviene salvifica: non c’è alternativa, né tempo per discutere, questa è la lezione da conoscere ed accettare, bisogna andare avanti a qualsiasi condizione. Si sale letteralmente di corsa, superando ostacoli di cui neppure ci si rende conto, mentre ormai l’acqua è la propria stessa pelle. Pensieri svuotati, eppure in un barlume di ridicola consapevolezza sale da quell’anima che semmbra di tenere fra le mani, un sorriso meravigliosamente bagnato di vita.

Quando pure in una sorta di rassegnato automatismo modello Sisifo senza masso – soprattutto senza masso che ricade . . . – tutto sembrava ricondursi ad una faticosa salita verso un’inarrivabile cima, la cima arriva davvero. E smette di piovere. Ci si riposa esausti, in mezzo al fango, ma niente importa, prima tutt’uno con la roccia e l’acqua, ora con la terra, come unici privilegiati abitanti. Prima silenzio, carico, indimenticabile, poi parole, per riprendersi, dare certezza, mentre il sole – neanche a dirlo - puntuale all’appuntamento già comincia ad asciugare i vestiti leggeri e a scaldare la pelle.
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